Anna Bolena, una questione di famiglia

di Hilary Mentel
Fazi, 2013
506 pagine
Categoria: Venezia-Napoli


  • Brividi
  • Capovolgimenti
  • Vendetta

Fuori dalle finestre di Sua Maestà imbrunisce. Il suo regno comincia a rabbrividire, e rabbrividiscono i suoi consiglieri.

L’aveva pensato anche lui una volta che sarebbe morto di dolore, per la moglie, le figlie, le sorelle, il padre e il cardinale. Ma caparbio, il polso continua a battere. Credete di non poter più respirare e invece la gabbia toracica è di tutt’altro avviso, si alza e si abbassa e manda dei sospiri. Si è costretti ad andare avanti malgrado se stessi. E perché questo accada, Dio vi leva il cuore di carne e ve ne mette uno di pietra.


Quanto è brava Hilary Mantel. Certo, non sto facendo una rivelazione sensazionale. Indizio della sua enorme qualità infatti potrebbe anche essere che con una trilogia storica abbia vinto due volte il Booker Prize: la prima volta con il primo capitolo, Wolf Hall e la seconda volta con il secondo, Anna Bolena, una questione di famiglia. Per la precisione, con il terzo e ultimo volume, Lo specchio e la luce, è arrivata in finale nel 2020. Diciamo che qualcuno se n’è accorto prima di me.

La storia prosegue, è passata l’acme di Anna Bolena, nessun figlio maschio per Enrico VIII, e ora per lei inizia inesorabilmente il declino. Un declino rovinoso, tragico, spietato che la regina affronta con coraggio e solennità, fino agli ultimi istanti, sul patibolo.

Nessuno uscirà illeso da questo teatro sanguinoso, né il re, né il suo Segretario di Stato, Thomas Cromwell, all’apice del suo potere.

500 pagine, due anni, il 1535 e il 1536 e la parte più famosa della storia dei Tudor che si svolge sotto i nostri occhi.

Sotterfugi, tradimenti, inganni, intrighi, abilità ed equilibri, al centro di tutto questo Thomas Cromwell, nostra guida e nostri occhi, nonché artefice delle volontà del re. Tutte le volontà del re.

Immaginate dunque di essere anche voi al centro della corte inglese e di tutte le sue tessiture, di osservare da una posizione privilegiata cose dette e non dette, di ascoltare di soppiatto discorsi fatti in un linguaggio che lascia intendere e fa capire, solo se si sa intendere e capire. E così scopro di non essere adeguata a questo tipo di cose: chi racconta racconta criptico, gira e punzecchia, stuzzica e imbocca, e io mi perdo, leggo, rileggo e forse alle volte intuisco.

Quindi ammaliata dal linguaggio, dal periodo, dalla storia e dalla bravura di Hilary Mantel, mi sono bevuta queste 506 pagine, le ho trovate ancora più coinvolgenti di Wolf Hall e mi mettono sulla strada de Lo specchio e la luce entro la fine dell’anno.

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