di Hilary Mantel
Fazi, 2014
760 pagine
Categoria: Udine-Bari
- Relazioni
- Mutevole
- Ribollire
Ho un registro molto grosso, un enorme sistema di archiviazione in cui sono catalogati minuziosamente (per ordine di nome e anche di misfatto) tutti coloro che mi si sono messi di traverso.
Quel che spaventa la gente è la mancanza di fatti certi: è la breccia che si spalanca, nella quale va a riversare le proprie paure, le proprie fantasie, i propri desideri.
Dietro ogni storia se ne nasconde un’altra.
Ho finalmente rotto il digiuno dai libri lunghi. La grande mole di pagine non mi ha mai spaventato, anzi: se la storia mi convince sono felice di potermici immergere per un lungo periodo di tempo. Certo, i libri lunghi non si adattano bene ad un blog con uscite settimanali, ma da sempre mi danno grande soddisfazione.
Il periodo di astinenza dalle 500 e più pagine l’ho interrotto con Wolf Hall, un libro che a pieno titolo può rientrare nella categoria “recuperoni” visto che non è affatto una novità editoriale.
Hilary Mantel con Wolf Hall ha vinto il prestigioso Booker Prize nel 2009, e già questo è un bel successo, ma la cosa davvero notevole, da vero record, è che l’ha vinto una seconda volta nel 2012 con il seguito Anna Bolena, una questione di famiglia (che non vedo l’ora di leggere) e con il terzo e ultimo capitolo della vicenda, Lo specchio e la luce, è arrivata in finale nel 2020.
La trilogia racconta gli stravolgimenti, i sommovimenti, i bollori di una delle epoche più famose e complesse: quella dei Tudor.
Bene, veniamo a noi. Il libro è scritto in uno stile molto particolare, discorsi diretti, indiretti e narrazione si mescolano costantemente e all’inizio questo mi ha molto spiazzato. Superato lo spaesamento iniziale il libro diventa magnetico, magnetico almeno quanto il protagonista del romanzo: il discusso Thomas Cromwell.
Thomas Cromwell. Thomas Cromwell. C’ho messo un po’ a collegare il nome, il personaggio e la figura che ho spesso visto presentata in diversi documentari dedicati a Enrico VIII. Stavamo parlando proprio dell’uomo chiave, il perno della seconda parte del regno di Enrico VIII. E devo dire che normalmente appare come spregevole. E forse lo è.
Fatto sta che non avendo immediatamente collegato la figura storica al Thomas Cromwell di cui stavo leggendo mi sono approcciata alla sua personalità senza pregiudizi e devo dire che ne è uscita un’opinione del tutto diversa da quella precedente. In fin dei conti si fa sempre il tifo per i protagonisti.
Il mutevole, spregiudicato, sprezzante Cromwell è in trasformazione e in ascesa; non sono certa di sapere cosa penserò di lui alla fine del secondo libro.
Mantel è stata bravissima nel rendere l’ambiguità del protagonista, le sue luci e le sue ombre, la criticità e la tensione degli anni in cui entra in scena Anna Bolena e tutto l’universo attorno alla corte, il carattere tempestoso del Re e il ribollire degli eventi.
Accuratezza storica e narrazione sono perfettamente bilanciate, dettagli e colpi di scena si avvicendano senza clamore e teatralità, esattamente come nella vita reale.
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