di Benjamín Labatut
2021, Adelphi
77 pagine
Categoria: Pendolare
- Follia
- Conoscenza
- Comprensione
Questo non significa che dovremmo abbandonare i nostri sogni sul trionfo della ragione, ma solamente che dovremmo far tesoro anche dei nostri incubi, perché potrebbe darsi che tutto ciò cui possiamo aspirare come civiltà sia risvegliarci, un giorno, dentro a quei sogni.
Se ciò che sappiamo aumenta, per così dire, alla velocità della luce, ciò che non capiamo prolifera alla velocità del buio, ossia non è costante ma cresce in modo esponenziale, come l’energia oscura che sta lacerando il cosmo.
Nel suo caso la verità è che, malgrado l’evidente squilibrio e la grave confusione, lei fa soltanto quello che facciamo tutti, oggi più che mai: cerca disperatamente di dare un senso al mondo.
Quanto è sottile la linea che separa sanità da follia? Chi si può definire veramente “sano”? La forma di “follia” che ha caratterizzato e generato le grandi scoperte scientifiche delle grandi menti del Novecento è poi molto diversa dalla “follia” intesa in senso negativo? E ancora, quando e come gli incubi di giganti letterari come Lovecraft e Dick sono diventati qualcosa di molto simile al nostro mondo? E la rete in tutto questo che ruolo ha?
Tutto questo e molto altro stanno in 77 pagine scritte da Benjamín Labatut, un volumetto curato e impeccabile della collana Microgrammi di Adelphi.
77 pagine in cui perdersi e arrovellarsi la testa.
Sarà che è un periodo molto affollato per me e la mia povera testolina, ma per leggere questo micro-tascabile c’ho messo giorni. È denso e affascinante. I rimandi sono tanti e tutti di altissimo livello, da Bosch a Gramsci.
Tre i cardini del suo scritto: follia, conoscenza, comprensione. (Dici poco…)
Occhio critico e indagatore, il libro sembra quasi un breve commento, un aggiornamento, una postilla al suo precedente Quando abbiamo smesso di capire il mondo di cui vi ho già parlato. Se nel primo libro il mondo in analisi era quello scientifico, in questo caso siamo nell’area umanistica, tra letteratura e arte. Se nel primo il focus era il processo che ha portato i grandi scienziati a creare il mondo contemporaneo nel secondo è l’attualità al centro della questione.
Bosch, presente nel libro, dipinse Estrazione della pietra della follia nel 1490. 1490, non 2010. Evidentemente il celebre pittore si era posto molte domande simili a quelle che si pone oggi Labatut.
Siamo nati con la pietra della follia in testa o è stata inserita dopo? La follia è congenita nel genere umano e quando trova terreno fertile sboccia in modo incontrollato? E la rete non fa altro che alimentare una condizione già esistente, le nostre paranoie o ha creato nuove dinamiche folli?
Quante domande… Labatut cerca di tracciare un perimetro e in qualche modo dare una personale interpretazione alla comune deriva che ci circonda.
Ultima, lo giuro: magari stiamo tutti noi solo cercando di dare un senso al mondo che ci circonda e a ciò che ci capita, chi in modo razionale e chi in modo folle.
Io qualche domanda me la sono posta, qualche risposta me la sono data e in tutto questo, Benjamín, che fatica recensire questo libro. Per me hai vinto di nuovo tu. Due volte in un anno.
