La sciagura di chiamarsi Skrake

di Kjell Westö
Iperborea, 2020
498 pagine
Categoria: Venezia-Napoli


  • Famiglia
  • Eventi
  • Irrequietezza

«Werner ti somiglia molto più di quanto pensi. Ha anche lui la stessa forza, solo che nel suo caso si esprime in modo diverso, è spontanea e gli sgorga da dentro anche se lui non vuole, ed è per questo che…» Qui Leo si zittì e sbirciò verso il fratello, per poi aggiungere: «Temo che a suo tempo causerà altri danni. Capita facilmente, quando si combattono le energie che si hanno dentro.»

Quindi forse aveva ragione Vera, forse la grande irrequietezza aveva già cominciato a depositarsi in Werner, e forse proprio per questo era diventato ipersensibile nei confronti di quella altrui.

Perché l’essere umano è una canna al vento, ma a volte, quando viene spaventato o incoraggiato a sufficienza, sviluppa come per magia un nerbo insospettabile, resistente e accanito fino all’ultima fibra.


Ci sono a volte le “giornate no” e alle volte anche i “periodi no” in cui nulla gira come dovrebbe e le sfortune si susseguono una dietro l’arta. Non sono mai bei momenti ma per fortuna di solito la ruota gira e quando ne usciamo tiriamo un gran sospiro di sollievo. Ecco, ora pensate a un’intera vita di “periodi no”, che è ciò che è successo a Werner Skrake.

Un eroe si avvia inesorabile verso il fallimento, tutte le sue grandi potenzialità si sciupano e svaniscono, tutti i tentativi di riscatto naufragano, tutto ciò che poteva andare storto va storto. La sciagura di chiamarsi Skrake è la descrizione della parabola discendente di Werner e il tentativo postumo di Wiktor di far pace con suo padre.

Wiktor, pubblicitario di successo e scapolo incallito, se ne va da Helsinki per tornare alla villa di famiglia a Råberga dove è cresciuto e da dove è scappato. Il suo scopo è far luce, cercare di comprendere, svelare l’origine della vocazione al fallimento che la sua famiglia sembra avere. Nei suoi racconti prendono vita una serie di personaggi divertenti e strani e cupi a cui è difficile non affezionarsi mentre seguiamo le tragicomiche vicende di cui sono protagonisti.

Nell’albero genealogico Skrake l’acme è raggiunto da Werner, padre di Wiktor, preda per tutta la propria vita di un’irrequietezza interna che, nonostante i suoi talenti, l’ostinazione e una genialità sui generis, lo porta sempre, inesorabilmente, al fallimento e alla solitudine. Con questa gran mole di fato avverso si confronta Wiktor ripercorrendo le vicende familiari.

Kjell Westö usa gli Skrake per indagare e ragionare su concetti come famiglia, radici, origini ma anche riscatto, ereditarietà e influenze e devo dire che ci riesce, in modo delicato ed equilibrato.
Il risultato è un grande affresco finlandese in cui, tra paesaggi e natura mozzafiato, seppur in mutamento, emerge l’altra grande protagonista del libro: la storia finlandese contemporanea di cui troviamo descritti i passaggi fondamentali – guerre, rotture, aperture a occidente, urbanizzazione, evoluzione, cultura – che portano a tratteggiare le caratteristiche fondamentali della Finlandia di oggi.

Regalato e letto a scatola chiusa. Inaspettato e coinvolgente.

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